Il Presepe di Arnolfo di Cambio

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ft11Tra le numerose opere d’arte che la città di Roma gelosamente custodisce, un ruolo centrale è dato a quelle della tradizione religiosa legata al Natale, come il celebre presepe realizzato da Arnolfo di Cambio alla fine del 1200, conservato nella Basilica di Santa Maria Maggiore, non casualmente.

L’edificio infatti fu realizzato, secondo la tradizione, da papa Liberio nel IV secolo dopo la miracolosa nevicata del 5 Agosto del 358 e fin da subito fu dedicata alla divina maternità di Maria. Verso la metà del VII secolo, la basilica fu intitolata a Santa Maria in Praesepium perché giunsero da Betlemme alcune importanti reliquie, tra le quali la mangiatoia dove venne adagiato Gesù bambino, poste tutte all’interno di un’apposita cappella. L’ambiente da questo momento iniziò ad essere sontuosamente decorato ed abbellito, fino a quando papa Niccolò IV decise di dotare la Basilica, considerata la Betlemme dell’Occidente, di un vero e proprio recinto consacrato al culto della Sacra Grotta. E fu questa la cappella che doveva ospitare anche il gruppo scultoreo del Presepe commissionato dal pontefice ad Arnolfo di Cambio nel 1291.

Di questo ambiente originario purtroppo oggi non rimane più traccia perché fu prima pesantemente modificato da Domenico Fontana ai tempi di papa Sisto V nella seconda metà del 1500 e poi in epoca moderna, quando il presepe fu collocato in una apposita cripta. Ciò che invece resta ancora chiaro è l’alto e fine livello di esecuzione nel modellato delle figure scultoree a noi giunte. La Vergine con il Bambino Gesù, il bue e l’asinello dovevano trovarsi molto probabilmente all’interno di un’ampia nicchia rettangolare, posta di fronte all’ingresso. Subito fuori, sulla destra, erano invece poste le figure di due Magi, mentre nell’angolo opposto, vi era l’immagine di Giuseppe che si protende dalla nicchia verso il pubblico, creando una suggestione di movimento e di dialogo silenzioso con lo spazio circostante, essendo egli stesso spettatore nella scena divina.

Sul lato opposto, si inseriva poi il terzo Magio, posto al limite della nicchia e rivolto verso il Bambino, in ginocchio, mentre volge le spalle al pubblico, mostrando la schiena e le piante dei piedi, in un gesto che abbraccia e coinvolge tutti i presenti. Proprio dalla posizione del Magio inginocchiato e dall’andamento del suo sguardo è possibile immaginare che la figura della Vergine – perduta e sostituita con una statua del Cinquecento – dovesse essere stata realizzata secondo una tipologia alto-medievale, come puerpera sdraiata sul fianco e volta a sinistra verso la mangiatoia con Cristo Bambino spiccante dal pavimento. Il progetto arnolfiano del Presepe fu un’opera di eccezionale valore artistico, che riscoprì dopo lungo tempo l’idea della spazialità e della visione prospettica, di cui si riappropriò la tradizione italiana, oltre a costituire l’archetipo di una nuova cultura plastica e narrativa sacra.

E sotto l’aspetto tecnico, è ancora facilmente riconoscibile quella misura e composizione, quel senso plastico e pittorico tipico di Arnolfo, che fu un artista consapevole, abile e padrone delle regole di tutte le più nobili arti: scultura, pittura e architettura. L’artista voleva infatti distribuire tutti i pezzi del Presepe all’interno dell’intero spazio disponibile che fu creato appositamente per loro in una simbiosi perfetta tra scultura e architettura, per rendere partecipe della scena anche lo spettatore. E’ in questo senso che la realizzazione di Arnolfo di Cambio della Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma diviene uno dei primi e più antichi esempi di presepi “viventi” della storia, secondo forse solo a quello di San Francesco d’Assisi per il Natale del 1223 a Greccio.

(Fonte https://restaurars.altervista.org/tesori-roma-presepe-arnolfo-cambio/)

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